‘Pirata Donald’ nella guerra di preda dei corsari

Tra le più antiche ed elementari forme di guerra commerciale fu la pirateria: ‘pirati’ quelli che per proprio conto assalivano le navi commerciali, ‘corsari’ che lo facevano  per conto di una potenza in guerra con un’altra ricevendo per questo la cosiddetta ‘patente di corsa’. Da una parte dei banditi privati e dall’altra qualcosa che assomigliava a dei legittimi combattenti, anche se raramente in caso di cattura il trattamento era diversificato.

Due secoli fa il generale prussiano Carl von Clausewitz scrisse un libro sulla strategia e l’arte della guerra del quale oggi si cita una sola abusata frase: «La guerra è la continazione della politica con altri mezzi». Clausewitz scrisse un’altra breve definizione, meno nota, ma forse ancora più acuta: «La guerra è un camaleonte». La guerra economica, agendo sotto molteplici forme è in grado – come la guerra guerreggiata – di produrre devastazioni e vittime, o più semplicemente «di piegare l’avversario alla nostra volontà».

I secoli dei pirati e dei corsari

Il fenomeno della pirateria era già noto al mondo antico – come nel caso di Giulio Cesare rapito dai pirati in Mediterraneo – mentre la sua ulteriore diffusione e trasformazione in ‘guerra di corsa’ si deve allo sviluppo delle rotte oceaniche, ossia uno spazio molto ampio, dove era difficile effettuare controlli – per altro in assenza di leggi e regole – e soprattutto dove circolavano enormi ricchezze.
Una prima fase di questa contesa si può situare dalla seconda metà del Cinquecento alla fine del secolo successivo quando si aggiunse anche una questione religiosa: inglesi e olandesi erano protestanti, mentre francesi, spagnoli e portoghesi erano cattolici, fatto che non impedì nemmeno strane alleanze.
L’età eroica della guerra di corsa durò fino al primo ventennio del XVIII secolo: è stato calcolato che tra il 1688 e il 1713 più di ventimila navi mercantili siano state catturate e sottoposte a riscatto. Illustri uomini di stato come in Francia Vauban e Colbert, il fondatore del cosiddetto ‘mercantilismo’, sottolinearono spesso l’importanza e i vantaggi di questo tipo di guerra.
Con il rafforzamento delle flotte militari e l’estensione delle colonie controllate dai paesi europei, dopo le guerre napoleoniche, sparirono gli ultimi scorridori dei mari: nel frattempo, nonostante condanne morali, riprovazione generale, divieti e bandi internazionali, le navi che attraversavano l’Atlantico trasportarono ancora a lungo gli schiavi destinati alle Americhe

Stati Uniti nel Mediterraneo e i pirati barbareschi

Sembra che George Washington, ricevendo nel 1778 la notizia che il sultano del Marocco era stato il primo sovrano straniero a riconoscere gli Stati Uniti, ne abbia gioito con sorpresa, anche se in realtà avrebbe scoperto più tardi che i motivi erano ben diversi da quelli della simpatia per un nuovo stato. Già prima dell’indipendenza tra le Tredici colonie e la parte orientale della costa nord-africana esisteva un interscambio commerciale di un certo rilievo: le colonie esportavano un sesto della farina e un quarto del riso prodotti ricevendo in cambio agrumi, olio d’oliva e fichi secchi.
Dopo l’indipendenza il Mediterraneo divenne quindi l’unico sbocco possibile del commercio americano, altrove osteggiato dalla ex nemica Royal Navy, non appoggiato dalla ex alleata flotta francese per motivi di concorrenza o dalla flotta spagnola lungo le coste del Sudamerica. Poiché la guerra d’indipendenza aveva provocato un debito pubblico enorme, esercito e flotta erano stati congedati e nessuna forza militare poteva difendere i commerci.
Quando il sultano del Marocco comunicò il sequestro di una nave americana successe un finimondo, ma fu pagato un riscatto di diecimila dollari. Quando infine l’Inghilterra intervenne nella guerra della Prima coalizione contro la Francia, gli americani persero anche l’aiuto dei portoghesi, i soli che avessero concluso accordi commerciali gli Stati Uniti. Fu in questo quadro di debolezza che gli Stati Uniti decisero di varare le prime sei fregate per proteggere i propri commerci.
Appena però si diffuse la notizia che le esportazioni americane in Mediterraneo stavano aumentando, il sultano di Algeri chiese come ‘tributo’ per lasciare indisturbati i commerci il dieci per cento dell’ammontare complessivo. La situazione si protrasse fino al 1804, quando una coalizione sconfisse l’avido sultano e si verificò un riavvicinamento anglo-americano. La prima fase dei commerci in Mediterraneo non si può dunque definire un successo per gli Stati Uniti e tra vari incidenti, sequestri di navi, di ostaggi e riscatti, si concluse solo nel 1816.

Dollar Diplomacy & Banana Wars

Diversamente dall’imperialismo europeo che si contendeva territori coloniali in Africa ed Asia, gli Stati Uniti – preoccupati dall’impero britannico come unico fattore di freno ai loro commerci – concentrarono la loro attenzione sulle isole Hawaii, Cuba, le Filippine, Guam e Panama. Naufragati miseramente i tentativi francesi di costruire un canale sul modello di quello di Suez che attraversasse l’istmo di Panama, gli americani decisero di intervenire anche in relazione all’importanza strategica del passaggio che avrebbe consentito di riunire le due flotte – dell’Atlantico e del Pacifico – nel caso di un attacco congiunto anglo-giapponese dal Canada e dall’oceano.
Il 3 novembre 1903 il territorio di Panama, che dipendeva dalla Colombia, si proclamò indipendente ottenendo subito il riconoscimento internazionale Usa e l’impegno a costruire il canale, ma anche robusti finanziamenti in dollari per il nuovo staterello. Nel 1905 fu assicurato anche il controllo sulla Repubblica Dominicana senza intervento militare: fu creata una sinergia tra banchieri privati, «proconsoli finanziari» di nomina governativa e funzionari pubblici, il tutto all’insegna dell’interesse nazionale.
Per garantire meglio la sicurezza del canale di Panama era tuttavia necessario rafforzare la posizione dei Caraibi. Dopo due occupazioni di Cuba, toccò ad Haiti: mentre in Europa si combatteva già la Prima Guerra mondiale, soldati americani ‘prelevarono’ dalla cassa della banca nazionale haitiana circa mezzo milione di dollari e lo trasportarono alla National City Bank di New Yorck che da allora assunse il controllo delle finanze dell’isola, nonostante le proteste che definirono il gesto «grave atto di pirateria internazionale».
La normalizzazione si rivelò però più lunga del previsto ed Haiti rimase occupata fino al 1934 e Santo Domingo fino al 1924. Quanto all’Honduras tra il 1903 e il 1925 gli interventi militari furono ben sette, anche se non sempre gli interessi delle potenti società bananiere a capitale americano coincisero con quelli del dipartimento di Stato. Nel quadro delle Banana Wars si collocano anche gli interventi in Nicaragua, il secondo dei quali nel 1927 si trasformò in una lunga occupazione che suscitò la resistenza di un fronte guidato dal leggendario Augusto César Sandino.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro