
Jovica Stanišić, ex capo dei Servizi segreti, e Franko Frenki, ex capo ‘operazioni speciali’
La Serbia è lontana solo 1400 chilometri dall’Italia. Come Milano-Palermo. Ma già all’aeroporto respiri un’atmosfera diversa. La Serbia, circondata da Paesi dell’Unione europea, non ne fa parte, come non fa parte della Nato, considerando i bombardamenti del 1999 di cui la Capitale serba conserva ancora la memoria e i segni. Per le strade di Belgrado, tra le centralissime Piazza della Repubblica e Piazza Tarazije, si ha la sensazione di essere tornati al passato socialista e jugoslavo di fine secolo scorso.
La memoria non troppo lontana di Milosevic che si mischia ai segni della secolare dominazione ottomana, con quartieri centrali come ‘Dorćol’, che porta un nome turco (ovvero ‘incrocio’), ma anche eleganti palazzi in stile liberty, come il celebre hotel Moskva, dove hanno dormito personaggi del calibro di Einstein e Nikola Tesla, ma anche Luciano Pavarotti e Brad Pitt. Anche qualcuno di noi senza citazione. Accanto al monumento del principe serbo Mihailo a cavallo c’è persino un richiamo all’Italia, con il Teatro nazionale di Belgrado costruito su modello della Scala di Milano, ci ricorda Diana Mihaylova, su InsideOver.
Ma noi oggi abbiamo deciso di riaprire una pagina poco nota e abbastanza maliziosamente seminascosta, nel passato tormentato e spesso tragico della vecchia Jugoslavia e in particolare della Serbia nel ruolo del ‘solo cattivo’ fra tante tragedie con tanti colpevoli. Per qualcuno di noi che aveva avuto l’occasione di vivere la tragedia bosniaca e i tre mesi di bombardamenti Nato sulla ‘piccola Jugoslavia’ di Serbia ancora con il Kosovo, e il Montenegro, la scoperta traumatica, alcuni anni dopo quella tragedia di fatto cancellata dalla guerra opposta da parte di Mosca sull’Ucraina, scoprire che il capo dello spionaggio serbo nelle fasi crudeli degli scontri etnici interni e nel Kosovo albanese, tradiva in nome e per contro sulla potente Cia.
Partiamo da una cronaca di Marko Stjepanović. Processo per crimini di guerra al tribunale dell’Aia, e l’avvocato difensore dell’imputato Jovica Stanišić, ex capo del Servizio di sicurezza dello Stato serbo, e di Franko Simatović Frenki, ex comandante dell’Unità per le operazioni speciali del DB, ribadisce che Stanišić aveva contattato l’agenzia di spionaggio americana CIA nel 1991 e che nel 1993 aveva guidato lo spionaggio Usa nei luoghi delle fosse comuni in Bosnia. Srebrenica e altro. Non era quella la prima volta che Stanisic veniva associato alla CIA. Già nel 2009 il Los Angeles Times aveva riferito che Stanišić, era l’uomo più importante della CIA a Belgrado negli anni ’90. Stanišić entrò in contatto con la CIA nel 1991 e fu un interlocutore affidabile, sostiene l’avvocato Wayne Jordan.
Stanišić, ex capo della Sicurezza dello Stato serba, e Simatović, ex comandante della JSO (operazioni speciali), era accusati di aver preso parte a un’organizzazione criminale congiunta agli ordini dell’allora presidente serbo Slobodan Milošević. Nel primo giorno di discussione finale, la Procura aveva chiesto l’ergastolo per ambedue gli imputati. Tra le discussioni più accese, chi era il responsabile di Željko Ražnatović Arkan e la sua “Guardia volontaria serba” sul campo di battaglia. Dopo il processo di primo grado, il Tribunale dell’Aja ha assolto Stanišić e Simatović nel 2013, ma nel 2015 la Camera d’appello ha poi accolto il ricorso della Procura e ha ordinato un nuovo processo con la stessa accusa a causa di irregolarità procedurali.
9 giugno 2023, meno di 2 anni fa. Ci sono voluti vent’anni perché il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia portasse a termine il processo a Jovica Stanišić e Franko Simatović. Il 31 maggio una nuova sentenza ha esteso le loro condanne, chiudendo così il più lungo processo per crimini di guerra dell’Aja. I giudici del “Meccanismo Residuale” hanno condannato a 15 anni di carcere Jovica Stanišić e Franko ‘Frenki’ Simatović, con uno ’sconto’ Cia non dichiarato ma evidente e rilevante.