
Conversazione di Limes con George Friedman, fondatore e presidente di Geopolitical Futures e del think tank Stratfor. Lucio Caracciolo e Federico Petroni a condurre il dialogo, spesso un confronto anche scomodo tra Europa e Stati Uniti. Friedman schierato che parte dal dare come vincente morale l’Ucraina e l’esercito russo che non ha conquistato Kiev e non è più una minaccia credibile. Una lettura molto americana. Quasi trumpiana. Da noi una sintesi minima.
Alcune delle ‘frasi forti: Intanto, voi non siete nostri clienti, dato che non lavoriamo per voi. Fare felici gli europei è impossibile. La Nato non ha più alcun significato, ammesso e non concesso che ne abbia mai avuto uno. La Nato non nasce dal fatto che vi vogliamo bene, ma dal fatto che non ci fidiamo di voi. La Nato non è altro che un mito. Di certo, noi non potremo più essere i vostri guardiani. Ma non prendetelo come un tradimento. Lettura quasi ‘Trumpiana’, ripetiamo, ma con buona educazione.
FRIEDMAN «Intanto, voi non siete nostri clienti, dato che non lavoriamo per voi. Le relazioni euro-americane si basano più che altro sulle necessità statunitensi emerse durante le due guerre mondiali. Il problema è che voi europei non siete stati in grado di organizzarvi e che la Russia avrebbe potuto espandersi fino a sfidarci sull’Atlantico. Dato che l’America è l’unico grande paese che non può essere invaso via terra (Canada e Messico non sono un problema), il nostro obiettivo è controllare i mari. È per questo che siamo intervenuti nella seconda guerra mondiale per fermare i tedeschi. Con i russi ciò che si temeva era una guerra terrestre, che sapevamo gli europei non sarebbero stati in grado di gestire. Ma è il momento che imparino. Mantenere sul continente truppe americane per una presunta essenzialità dell’Europa è oramai obsoleto. Sappiamo che agli europei piace la stabilità e non amano investire per la difesa, ma il mondo va avanti». Duro ed esplicito. Quasi sgarbato.
FRIEDMAN «In realtà, la nostra posizione era quella di ricostruire la Germania (come anche il Giappone), non di tenerla ‘sotto’. Quella era la posizione europea. Ovviamente volevamo anche contenere i russi, ma il punto è che le cose cambiano. Stalin non c’è più, e Putin di certo non è Stalin. Non pensa come lui. Epperò, la percezione europea della Russia non è cambiata, come fino a qualche tempo fa non era cambiata nemmeno quella americana. Adesso che è cambiata, però, quegli stessi paesi europei che criticavano l’America perché era troppo aggressiva la criticano perché non lo è abbastanza. Fare felici gli europei è impossibile.
«Essa è stata fondata per un motivo molto preciso, ovvero quello di dispiegare in Europa truppe americane affinché la Russia fosse dissuasa dall’usare la Bomba in caso di guerra. Le Forze armate dei paesi europei non sarebbero mai state in grado di affrontare una sfida del genere, anche perché la ricostruzione postbellica in Europa è stata resa possibile dal fatto che gli attori dell’area fossero de facto esonerati dalle spese militari. A noi andava bene. Eravamo noi a capo di questo sistema. E non perché gli europei lo volessero oppure no. Tutto ciò semplicemente non contava nulla. Siamo rimasti in Europa perché volevamo evitare la terza guerra mondiale. E ci siamo riusciti. Ma oggi le cose sono cambiate. La Nato non ha più alcun significato, ammesso e non concesso che ne abbia mai avuto uno. Veramente credete che polacchi e francesi possano diventare fratelli in armi? La Nato non è altro che un mito.
FRIEDMAN «Mettiamola in questi termini: perché gli europei non hanno mai creato un’alleanza senza gli americani? Avete tutte le risorse che vi servono, no? Ma il punto è un altro. Il problema è che l’Europa è un continente, non un paese, al cui interno vi sono una pletora di nazioni che non hanno fatto altro che farsi la guerra. Ecco, per un po’ noi americani abbiamo evitato che ciò succedesse di nuovo, ma non siamo i vostri tutori. Ciò che ci interessava era semplicemente proteggere i nostri interessi nazionali, evitando che scoppiasse la terza guerra mondiale. Siamo un paese isolazionista per evidenti motivazioni geografiche. Per noi ciò che importava era contenere l’Urss, ma sapevamo di non poter contare su di voi. La Nato non nasce dal fatto che vi vogliamo bene, ma dal fatto che non ci fidiamo di voi. Non l’avete mai capito. E soprattutto non avete mai capito che in geopolitica gli impegni svaniscono al mutare delle circostanze.
FRIEDMAN «Se guardiamo alla somma del Pil dei paesi europei, direi che è più che sufficiente per difendervi da soli e costruire un esercito degno di questo nome. Se la Russia non ha preso l’Ucraina, di certo non conquisterà tutta l’Europa. Ma, ancora, il problema fondamentale è che gli europei non vogliono spendere questi soldi e assumersi delle responsabilità. Ora, dobbiamo decidere se l’America ha un dovere morale di difendere l’Europa o se ha semplicemente degli obiettivi geopolitici. Perché, a ben guardare, questi ultimi sono oramai stati raggiunti: la Russia, come la Germania e il Giappone, non è più una potenza ostile, e dunque potrebbe esserci anche qualche forma di accordo con Mosca».
Non bisogna sottovalutare il fatto che i colloqui di pace si stiano svolgendo a Riyad. Le tre grandi superpotenze energetiche si stanno allineando per riprogrammare insieme il sistema economico globale, con gli americani che sono pronti a investire in Russia. Putin ha dei problemi con gli oligarchi, perché i loro conti bancari negli Usa sono stati congelati e non c’erano investimenti. Inoltre, Mosca non si fida di Pechino, e questa per noi è una buona notizia. E si potrebbe proseguire ragionando delle sfide mediorientali. Tra americani e russi, insomma, ci sono delle convergenze. Dunque, visto anche il fallimento militare della Russia in Ucraina, l’Europa non è più al centro dei nostri pensieri. Il motivo è semplice: il problema per cui la Nato è stata creata è da considerarsi risolto.
A differenza degli europei, che infatti sono sotto shock, l’America è una nazione dinamica, capace di andare avanti e affrontare altre questioni. Ai soldati americani di stanza in Europa dispiacerà solo che non potranno più andare alle feste e alle cene, ma sapevano che il nostro matrimonio con l’Europa non era eterno. Semplicemente, avevamo degli obiettivi. Che, come ha dimostrato la guerra d’Ucraina, abbiamo raggiunto. Quindi la questione non è la Nato, che è stata creata per un motivo molto chiaro. Il problema è l’Europa, nata come una strana alleanza economica. Evolverà in alleanza militare? Di certo, noi non potremo più essere i vostri guardiani. Ma non prendetelo come un tradimento.
FRIEDMAN «Certo che posso, ho una buona immaginazione! Il punto è che, dopo due guerre mondiali, gli europei non hanno ancora capito che non sono in grado di resistere a una superpotenza esterna. Finché le cose staranno così, gli americani avranno l’interesse a evitare che un attore ostile prenda possesso di tutta l’Europa. Ma, di nuovo, dato che la Russia non è in grado di farlo, questo è un problema europeo, non americano».
FRIEDMAN «Intanto, credo che i cinesi non siano così potenti. Non fanno altro che parlare di Taiwan, ma non l’hanno ancora invasa. E hanno fatto bene, perché non sarebbero in grado. Se la Cina diventasse una grande potenza, sarebbe certamente ostile alla Russia. Anche durante la guerra fredda i due paesi si odiavano. Non c’è mai stata una vera alleanza di mutua difesa tra Mosca e Pechino. Non c’era allora e non ci sarà domani».
«La Cina ha grossi problemi economici, anche perché l’economia cinese l’abbiamo creata noi americani, grazie alle nostre importazioni e ai nostri investimenti. La Marina di Pechino non ci spaventa. Non è insignificante ma non ci sfiderà mai nel Pacifico. Di più: Xi Jinping, in un recente discorso, ha detto che il sistema cinese sarà guidato dal settore privato. Dicendo queste cose, ha praticamente ammesso che lo Stato non funziona, come dimostrato dai problemi con i magnati del tech che non possono esportare. Inoltre, bisogna ricordare che la Cina non ha offerto alcun supporto alla Russia durante questa guerra, con sommo imbarazzo di Mosca. Con ciò non voglio dire che i cinesi siano insignificanti, ma semplicemente che sono una potenza regionale. Piuttosto, mi concentrerei sull’India, che sta crescendo moltissimo in termini sia di potere sia di capacità. Il mondo è cambiato, il potere circola e si formano nuove intese».
FRIEDMAN Anche la Nato era basata su un rapporto do ut des, di certo non era un’alleanza. Essere alleati significa che entrambe le parti sono in grado di prendersi le loro responsabilità, ma l’Europa – in virtù delle sue divisioni – non era in grado di farlo. L’America ha una relazione speciale con l’Inghilterra, che è una nazione atlantica in cui ci sono porti strategicamente decisivi per la sicurezza dell’Oceano. Ovviamente possiamo avere una buona relazione anche con l’Italia. Ma cosa può offrirci Roma?
«La Nato era un’organizzazione senza dubbio transazionale, basata su un accordo che suonava più o meno così: ‘Voi ci date la vostra terra, noi vi diamo un esercito’. Ci siamo orientati verso questa decisione perché, dopo essere tornati a casa a seguito della prima guerra mondiale, avete fatto scoppiare la seconda. Dunque siamo dovuti rimanere per evitare che faceste scoppiare anche la terza. Ripeto: non siamo rimasti perché vi amavamo, ma perché non ci fidavamo di voi e della vostra capacità di difendervi. Ora, siccome la Russia non è in grado di conquistare l’Europa, di cosa stiamo discutendo? Putin si trova in una condizione terribile. Ha perso la guerra in Ucraina e ha distrutto l’economia del paese: basta pensare a Putin. Guardiamo alla Russia.
FRIEDMAN «In un certo senso deve approfondire la crisi. Perché essa ha due lati. Da una parte, la politica estera americana è obsoleta ed è rimasta statica dalla fine della seconda guerra mondiale. Dall’altra, non si può governare l’America da Washington. Gli Usa sono formati da 50 Stati, tutti molto diversi. Il governo è troppo vasto ed è oramai ingestibile. Io stesso l’ho lasciato perché era diventato una barzelletta. Voglio dire, il fatto che il governo possa dire al Texas – che potrebbe essere un paese indipendente, come del resto è stato – come gestire il sistema scolastico mi sembra assurdo. Non siamo in Europa: non si governa dalla capitale».
«Da Roosevelt in poi il governo federale è tuttavia cresciuto a dismisura e si trova a fare i conti con delle assurde guerre culturali, imbevute di iperegualitarismo, che non fanno altro che rallentarlo […] È in questo contesto che Trump si è imposto. Ha sentito il polso profondo del paese e ha stravinto le elezioni. Il problema è che in molti credono che sia pazzo. Di certo è una persona particolare, ma è un giocatore di poker. Non ci siamo mai conosciuti, ma siamo nati a cinque miglia di distanza. Lui in un quartiere ricco, io in un quartiere povero. Quindi riesco a capirlo. Fondamentalmente, Trump è un uomo d’affari prestato alla politica che ha compreso l’importanza dei primi cento giorni di governo. In America bisogna agire rapidamente, perché l’opposizione si forma in fretta. Il tycoon l’ha capito, e soprattutto ha compreso che il governo federale deve essere modificato il più velocemente possibile. Per questo la crisi è destinata ad acuirsi nel breve periodo. Certo, Trump sta agendo in maniera aggressiva, ma per capirlo bisogna immaginarsi che egli altro non è se non un imprenditore che sta cercando di vendere il suo prodotto».
FRIEDMAN «Trump sta dicendo al mondo che l’economia americana non è più basata su interessi geopolitici. La nostra relazione economica con l’Europa, ad esempio, si basava sulla necessità di garantire un buon tenore di vita agli europei. Adesso la situazione è cambiata. C’è una competizione, che non significa necessariamente animosità. Ovviamente, Trump userà le sanzioni come strumenti politici per intavolare delle trattative, secondo l’approccio transazionale descritto in precedenza. Il tycoon ha capito che per gli europei tutto gira intorno al denaro. Voi credete che sia così anche, se non soprattutto, per noi. Ma non è così».
«Per le nazioni europee ciò che conta è l’export. Trump lo sa e dunque sfrutta questo punto debole. Ciò non significa che gli Usa e i paesi europei diventeranno nemici. Siamo ancora partner. Semplicemente, questo è il modo in cui i grandi imprenditori trattano. Il problema è che la classe dirigente europea non viene dal mondo dell’impresa, dunque ha qualche difficoltà a comprendere Trump. Ma l’Europa deve fare questo sforzo intellettuale e capire che il mondo è cambiato. Non è più possibile scambiare una fase storica per l’eternità e pretendere che, dalle necessità di un momento, discendano obblighi morali perenni».
FRIEDMAN «Dipende da cosa si intende per non bianco. Un messicano è nero? Se glielo dite, probabilmente si offende. L’America ha bisogno di immigrazione, questione che peraltro – a differenza dell’Europa – sa gestire, essendo un paese fondato sull’integrazione degli immigrati. Il sistema scolastico e universitario americano è pensato esattamente per favorire la mobilità sociale. E quindi esistono situazioni in cui, magari, la nostra donna di servizio è messicana, ma suo figlio è un grande fisico. Certo, poi ci sono storie diverse. Io sono cresciuto, da immigrato ungherese, nella povertà del Bronx, e Benjamin Franklin riteneva che gli immigrati tedeschi fossero dei barbari assolutamente impossibili da integrare. Ma l’America è grande e dinamica».
«Poco fa parlavamo dell’India. Recentemente sono stato a cena con un immigrato indiano di seconda generazione, che adesso possiede un’azienda tecnologica. In America chiunque può venire a fare impresa. Abbiamo accolto persino i tedeschi. Non siamo come voi europei. Non abbiamo antiche tradizioni e classi sociali. Quel che abbiamo è un problema demografico e la necessità di forza lavoro a ogni livello. Capisco che Trump stia facendo una crociata contro gli immigrati illegali. Ma è una vecchia storia americana. Da noi, gli stranieri prima vengono odiati e poi diventano capi. Non si isolano in comunità. E questo vale anche per gli immigrati cinesi, alcuni dei quali ricoprono posizioni molto importanti a livello industriale. Certo, Pechino manda anche qualche spia, ma questa è un’altra storia».
Stati Uniti un Paese inventato
«Il punto è che gli Stati Uniti sono un paese inventato, dunque siamo capaci di reinventarci costantemente. L’America ‘degli inglesi’ è finita molto tempo fa. Sono arrivati molti irlandesi, molti tedeschi e molti italiani. Tutte etnie che ora sono perfettamente integrate. Con i neri ci sono stati dei problemi, perché hanno subìto – e sotto certi aspetti continuano a subire – delle forme sistemiche di discriminazione. Ma si cominciano a vedere anche delle persone di colore miliardarie. Insomma, in America sappiamo fare integrazione sociale. Dunque anche i cinesi sono e saranno i benvenuti».